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TASSI DI INTERESSE…A CHE PUNTO SIAMO?

I tassi scendono…scenderanno…no forse no…e se si alzassero ancora?

Quella della dinamica dei tassi di interesse è ormai la tematica determinante nelle pianificazioni aziendali e di investimento dei patrimoni. Se a fine 2023 le aspettative di riduzione dei tassi erano maggiormente robuste, sia in termini di tempistiche che di numero di tagli, certamente oggi le cose risultano mutate.

Storicamente la politica monetaria europea segue quella americana, ma questa volta potrebbe essere differente. In che senso? Nel senso che la strada seguita dalla BCE potrebbe essere differente da quella della FED. Se in America le aspettative di taglio dei tassi si sono notevolmente raffreddate e ad oggi ci aspetta un taglio non prima di novembre, in Europa le cose sono diverse e l’inizio del percorso di decrescita potrebbe cominciare già a giugno o settembre.

Quindi questa volta la BCE si smarcherebbe rispetto alla FED, di fatto anticipando la fase di taglio dei tassi. Questo sostanzialmente perché l’economia europea si dimostra meno solida di quella americana e dunque più desiderosa di una politica monetaria più accomodante per sostenere maggiormente la crescita. Anche il mercato del lavoro sosterrebbe tale impostazione: appare più robusto e dinamico negli USA.

Quindi dobbiamo aspettarsi una discesa dei tassi in Europa completamente scollegata da quello che accadrà in America? Purtroppo non è possibile, anche perché la dinamica dei tassi di interesse impatta notevolmente sui tassi di cambio che, per così dire, fungono da bilanciere.

Minori aspettative di taglio dei tassi americani si riflettono inevitabilmente su minori spazi di manovra anche per la BCE. Questo per il semplice fatto che se l’Europa tagliasse massicciamente i tassi di interesse, specie rispetto alla politica monetaria americana, questo naturalmente genererebbe un apprezzamento del dollaro rispetto all’euro. In altre parole l’euro di svaluterebbe in termini relativi. Ancora, tassi di interesse più appetibili in America genererebbero uno spostamento di capitali verso il mercato obbligazionario americano, innescando un aumento dei prezzi e dunque, in ottica prospettica, una spinta alla riduzione degli stessi tassi americani. Le Banche centrali dunque si ritrovano alla ricerca di un delicato equilibrio tra crescita, controllo dell’inflazione e rapporti di cambio certamente non facile da governare.

In questo scenario complicato l’unica strada possibile resta pianificare al meglio non per ridurre l’aleatorietà dei mercati ma certamente per prepararsi al meglio a governare variabili non semplicemente prevedibili.